Oggi il tema “violenza” è molto sentito, i media ne parlano continuamente, ma, è necessario fare una principale distinzione tra la violenza domestica e quella non domestica…
La prima attiene ai comportamenti violenti che si consumano nel privato familiare, tra coniugi, familiari, la seconda tra persone non appartenenti allo stesso gruppo famigliare. Con violenza di genere, si intende la violenza perpetuata sulle donne in relazione al ruolo sociale e sessuale che gli si attribuisce. Il fenomeno è abbastanza omogeneo, donne di ogni Paese e ogni fascia sociale ne sono vittima. Il senso di frustrazione e di impotenza è sia di chi subisce sia di chi vede e non sa cosa fare. La rabbia per l’incomprensibilità di questo fenomeno è data dalla sua stessa complessità. La violenza domestica su cui mi soffermo oggi è un intreccio di soprusi psicologici, economici, fisici e sessuali.
Quello che erroneamente viene definito raptus o delitto passionale (tecnicamente femminicidio), altro non è che il capolinea drammatico di un’escalation che spesso dura anni.In Italia un omicidio su tre avviene in famiglia. Dentro alle mura domestiche spesso accade l’impensabile, un amore inizialmente idilliaco, ricco di attenzioni si trasforma in paura, in controllo, svalutazioni verbali, minacce, umiliazioni, limitazione della libertà fisica e mentale. Il concetto è semplicemente drammatico: l’obiettivo è sottomettere e controllare l’altro e per farlo l’unica strada è indebolirlo, psicologicamente e quando ciò non funziona più, anche fisicamente. Come un’equazione matematiche estremamente lineare, ciò porta a quello che leggiamo dalle cronache. Ecco spiegati i motivi per cui molte donne non chiedono aiuto e altre non sanno più cosa fare. Sono portate a non credere più a se stesse.
Senza tanti giri di parole dico: il primo schiaffo è già troppo, ma siete ancor in tempo per far qualcosa per salvarvi. Se vedete invece o sospettate, nonostante il senso di impotenza sia alto, non abbiate paura di rompere un equilibrio di un rapporto che è già incrinato, tendete una mano, una, due tre volte. Non fermatevi. Meglio un rifiuto oggi che un senso di colpa domani, quando l’irreparabile è già in atto.
Dott.ssa Martina Gambacorta
Psicologa Psicoterapeuta a Verona (VR)
Psicologa Psicoterapeuta a Verona (VR)
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Iscritto all'Ordine degli Psicologi Veneto col n. 6291 del 22/01/2008